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IL PIU' BEL GIORNO DELLA MIA VITA Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 18 dicembre 2002
 
di Cristina Comencini, con Virna Lisi, Margherita Buy, Sandra Ceccarelli, Luigi Lo Cascio (Italia, 2002)
 
La nonna è Virna Lisi, che vive sola nella villa di famiglia sorseggiando whisky, come si usava trasgredire nelle dinastie bene di qualche generazione fa. Ed è attorno a lei che si organizza un film tipicamente corale come IL PIU BEL GIORNO DELLA MIA VITA. Tre figli, Margherita Buy che vive un rapporto asfissiante con il proprio di figlio, anche perché è rimasta precocemente vedova: e che allaccerà una esitante relazione telefonica con uno sconosciuto, Ricky Tognazzi. Sandra Ceccarelli, in crisi matrimoniale, che non riesce a risolverla nella timorosa relazione con l'amante Jean-Hugues Anglade. E Luigi Lo Cascio, impegnato ad assumere o, piuttosto, a far accettare al perbenismo della mamma la propria omosessualità. Rapporti generazionali, che si prolungano nelle relazioni con i nipoti: l'adolescente golosa alla prime esperienze sentimentali, la bimba che si avvicina alla scadenza di cui al titolo; e che finirà per osservare il tutto attraverso l'obiettivo della cinepresa ricevuta in regalo ("cosi, ora i tuoi filmini saranno più realistici", mah…), in un peccatuccio veniale di autocompiacimento. Con le ricorrenze che succedono solo al cinema: l'amico gay del figlio, che capita per caso dalla matriarca, e lei afferra in un attimo quanto aveva ignorato da una vita. O l'amante veterinario della figlia: che sbarca in villa per curare i cuccioli, e pure li, la signora mette a fuoco in un baleno quanto era stato rimosso in tutta un'esistenza.

Capita, mi direte. Cristina Comencini è una scrittrice d valore; ed il suo è un film letterario. Che ordina li, uno dopo l'altro, con una semplicità metodica, gli accadimenti della quotidianità borghese. Le difficoltà di essere madre, moglie, padre, marito, figlio, amante: normali, comuni, nei quali ognuno potrà riconoscersi. Il che può anche essere un pregio. Ma normali, comuni, i personaggi lo sono pure nella loro, a tratti esasperante semplificazione. Sfondando porte (e non solo quelle della liberazione sessuale) che si pensavano spalancate; perlomeno in contrade che non fossero quelle romane. Lastricate di vogliamoci bene, che tutto si aggiusta; testimonianza di buona volontà umanistica, ma che pare fatta apposta per non dover affrontare i problemi veri.

Inutile dire, a questo punto, di quanto concorra a ricalcare quell'itinerario lo stile cinematografico dell'erede del grande Luigi. Tutto costruito su una buona, quanto ingenua volontà espressiva: che nei suoi vari elementi (direzione d'attori, accostamenti di montaggio, sfumature oniriche) non può che condurre all'identica (qualcuno l'ha trovata anche simpatica) banalizzazione.


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